Giornata della Memoria

Jean-Jacques Rousseau:
“Se solo gli abitanti di quella grande città (in merito al terremoto, l’incendio e il maremoto abbattuti su Lisbona nel 1755 – da “Lettre à Monsieur de Voltaire”, nds.) si fossero distribuiti più uniformemente, e avessero costruito case più leggere, il danno sarebbe stato molto minore, forse inesistente”.

Susan Neiman riassume così le catastrofi a partire da Lisbona fino ad Auschwitz:
“Lisbona ha rivelato quanto il mondo sia distante dagli uomini; Auschwitz ha rivelato la distanza degli uomini da se stessi. Se districare il naturale dall’umano fa parte del progetto moderno, la distanza tra Lisbona e Auschwitz mostra quanto sia difficile tenerli distinti […]”.
(In Evil in Moder Thought, cit., p. 230)

La difesa di Eichmann durante il processo di Gerusalemme:

Con l’aiuto di avvocati agguerriti, Eichmann cercò di convincere il tribunale che, poiché il suo unico movente era stato un “lavoro ben fatto” (e cioè “fatto in modo da soddisfare i suoi superiori”), esso non aveva avuto alcuna relazione con la natura e la sorte di chi era stato oggetto delle sue azioni, che il fatto che Eichmann-come-persona serbasse o meno rancore contro gli ebrei era privo di qualsiasi rilevanza ( sia lui che i suoi avvocati giuravano che era privo di rancore, e certamente di odio, essendo ciò irrilevante in base ai loro criteri) e che Eichmann personalmente non poteva nemmeno sopportare la vista di un omicidio, e tanto meno di un omicidio di massa. In altri termini, Eichmann e i suoi avvocati sostenevano che la morte di circa sei milioni di esseri umani era stata semplicemente effetto secondario di una motivazione a servire fedelmente (di una virtù, cioè, scrupolosamente e amorevolmente coltivata in tutti i funzionari delle burocrazie moderne, e che pareva richiamarsi all’«istinto al lavoro ben fatto», qualità umana ancor più antica, apprezzabile e sacrosanta, virtù centrale nell’etica moderna del lavoro). L’«intenzione di fare del male» era dunque assente (questa la tesi di Eichmann e dei suoi difensori), poiché non poteva esserci niente di male nell’adempiere nel modo migliore possibile al proprio dovere rispettando le intenzioni di altri che rivestivano una posizione più elevata nella gerarchia. Al contrario «cattiva» sarebbe stata l’intenzione di disobbedire agli ordini.

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