Beneficenza: come farla nel modo giusto


“Aiutare gli altri” non lo si fa donando due euro in beneficenza, bensì andando alla ricerca delle ragioni per le quali gli altri hanno bisogno di aiuto. Donare due euro, dieci, cento, mille o diecimila non serve a risolvere il problema di alcuno, bensì a sollevarci dalle responsabilità, che tutti gli appartenenti alla società hanno, e cioè di operare affinché ognuno abbia pari diritti e pari dignità. Donare qualche euro serve quindi solo a lavare la coscienza di chi non vuol prendersi tali responsabilità, poiché troppo occupato a salvaguardare i confini del proprio giardino, diventato sempre più incapace di gettare lo sguardo oltre siepi e recinti innalzati attorno a sé: sempre più alti e incomprensibili. L’egoismo e l’ignoranza, introiettati e diffusi, sono i veri artefici dell’indigenza nella quale versa gran parte della società. Non serve donare, ma andare invece alla ricerca delle cause, e non alla ricerca di alibi per sollevarci da responsabilità cui nessuno può e deve sfuggire, dal momento che presto o tardi ciò non sarà più possibile. La donazione è un palliativo, un placebo somministrato al popolo per esularlo dall’andare alla ricerca delle vere cause del problema. La donazione è la forma con la quale si alimenta il degrado: quanto più una società ha bisogno di donazioni tanto più significa che lo Stato sociale è assente.


Mentre il fabbisogno dei servizi pubblici aumenta, gli interventi del governo tendono invece a ridurli, lasciando ai singoli individui, e alle famiglie, il compito di sopperire ad essi. I deficit strutturali dello Stato sociale accrescono poiché spalleggiati da forze finanziarie che non hanno alcun interesse economico nel far fronte ad essi. Le privatizzazioni di grossi pezzi dello Stato hanno questo come obiettivo: il profitto; non un’equa ridistribuzione dei guadagni e dei servizi; il bene di pochi (del privato che amministra per incrementare il ricavato), e il peggio per il resto (il popolo) – ovvero la “filosofia” del Neoliberismo –. Pertanto quanto più i governi legiferano a favore di quelle forze, tanto più aumentano i deficit di assistenza sociale. Ai deficit finanziari dello Stato non si interviene accrescendo il “deficit di assistenza”, e cioè tagliando i finanziamenti per scuole, disabili, malati, anziani e disoccupati. 


Va inoltre ricordato che i diritti per lo svolgimento della vita politica sono necessari a porre in essere i “diritti sociali”, e questi ultimi sono indispensabili per garantire il funzionamento dei “diritti politici”, che altrimenti, come dimostra il sempre più crescente disinteresse del popolo nei confronti della politica, non trovano ragione alcuna.


Le due tipologie di diritto hanno appunto bisogno l’una dell’altra per sopravvivere; tale sopravvivenza può essere solo il loro comune successo. Allo stato attuale delle cose entrambi sono “non pervenuti”, e i dati che indicano la disaffezione alla cosa pubblica, alla vita politica, dimostrano che tale assenza non accenna a diminuire; tutt’altro. Andare alla ricerca delle cause è l’unica soluzione, l’unica speranza che noi tutti abbiamo per ridurre degrado, disuguaglianze e deficit culturali. Solo attraverso la ricerca è possibile incanalare le forze nel modo e nella direzione giusti. Altrimenti, degrado, disuguaglianze e deficit culturali saranno inesorabilmente destinati ad aumentare e ad attecchirsi sempre più radicalmente a un concetto di “solidarietà” distorto e incapace di convertire la “società” in un bene “comune”, condiviso, posseduto dalla comunità, che è l’unico rimedio contro “miseria” e “umiliazione”, ossia l’esclusione (il terrore di essere spinti fuori strada o di cadere fuori dalla vettura del progresso che accelera sempre più) e la condanna dell’“esubero” sociale (il terrore di essere privati del rispetto dovuto agli esseri umani e di essere designati come “rifiuti umani”).


Purtroppo versiamo in una società satura di informazioni e i titoli dei media servono soprattutto a cancellare (efficacemente) dalla memoria pubblica i titoli del giorno prima. I mass media non hanno nulla a che vedere con la giusta formazione culturale rispetto alle cause dei problemi sociali in cui versiamo. Credere di ricevere informazioni oneste da apparati costituiti o finanziati da forze economiche estranee al bene comune è un atteggiamento fideistico che non possiamo più permetterci e anzi, che non avremmo mai dovuto lasciare accadere. Delegare l’interesse comunitario a qualcun altro è un paradosso: un’assurdità. Se teniamo veramente all’Altro, anziché donare due euro a una delle tante associazioni spuntate come funghi, andiamo in cerca delle reali cause dei suoi problemi. È questa l’unica polizza di assicurazione che lo Stato (la Comunità) può emettere in suo favore. È questa l’unica donazione efficace a risolvere alla radice i suoi problemi. Se non comprendiamo ciò, disuguaglianza e miseria non arresteranno il loro cammino, e noi ci assicureremo la catastrofe.