Integrazione: siamo all’Era glaciale dei sentimenti

Viaggiamo, con la mente aperta alla ricerca di qualcosa di diverso, di luoghi diversi, di culture diverse, di facce diverse, di suoni diversi, di colori e odori diversi, per scappare dalla frenetica quotidianità cui siamo costretti, ma quando è il diverso a raggiungere la nostra “terra privata”, non siamo pronti né disposti ad accettarlo, poiché istruiti a decidere noi dove e quando incontrarlo, anche se coviamo spesso in silenzio un’altra vita, un nuovo inizio in terre meno deliranti. E allora dal rifiuto all’emarginazione del diverso è un passo, e ne basta un altro affinché da quest’ultima si elaborino i nostri spazi come terreni di battaglia sui quali combattere per assicurarsi la supremazia esistenziale, in un mondo proclamato sempre più angusto.

Capita inoltre che chi non ha viaggiato mai non sia preparato ad accettare il diverso, perché sperimentato soltanto attraverso i filtri di un documentario (anche se viaggiare non implica di per sé sensibilità, disponibilità, espansività, dato che sempre più frequentemente ci releghiamo in spazi dedicati al turista – specie per motivi di sicurezza – che a sua volta richiede servizi standardizzati), e lo considera quindi come una minaccia imminente, che priva di risorse – paventate insufficienti – la “nostra terra”.
Le politiche d’integrazione multiculturale poco sono prese in considerazione dai governi occidentali, ed è principalmente a causa della loro carenza che il diverso fatica ad essere compreso e accettato. Al contrario, perfettamente integrata nel tessuto sociale, nell’immaginario collettivo dei popoli occidentali, è la dottrina del PIL.

I governi occidentali infatti si spendono corruttivamente affinché beni e servizi transitino liberamente da una terra all’altra e siano ben presenti nelle nostre case, e ha poca importanza se è lo sfruttamento utilizzato per produrli a generare l’esodo di massa cui noi tutti stiamo assistendo. Poco spendono invece per insegnare il degrado sociale e culturale creato per inseguire il profitto, indirizzando furbescamente il sentimento collettivo verso dispotismi, egoismi, diffidenze, invidia, così chi è costretto a scappare da quelle realtà si ritrova a sbattere ancora contro la stessa insensibilità.
Perché è grazie ai potenti mezzi oggi a disposizione se siamo capaci di credere, come ingenui fanciulli incantati dalle favole, nella reale esistenza di Babbo Natale (un Salvini qualunque) e dell’Uomo Nero (un immigrato qualsiasi). E allora ti capita sovente di ascoltare in giro ragazzini che per offendersi si scambiano epiteti come «sei un marocchino», e ti accorgi di quanti passi è retrocessa l’umanità, e di quanti invece è avanzata la spietatezza.
Viviamo così nell’Era glaciale dei sentimenti, nel pieno di una catastrofe, e questo mondo somiglia sempre più a un mondo privo di umanità, e di comprensione, pietà, accoglienza, sostituita da marionette senz’anima, né calore né ombra. E non è un caso che in numero sempre maggiore l’uomo venga sostituito nei suoi compiti dalle macchine, come non lo è il fatto che ad un aumento del degrado corrisponda una diminuzione della coscienza.
Nessuno ha più responsabilità in questo carosello di scaricabarili, dove il colpevole si è fatto invisibile, attore di questa tragicommedia che è la vita, in cui svolge le sue attività solo su comando, e dove non è concesso, poiché non ne ha facoltà, domandare, avere dubbi, per non destabilizzare il fragile equilibrio economico da cui dipende la sua esistenza. L’oppressione della libertà di pensiero, della consapevolezza di un mondo alienato, dà origine a tensioni fra popoli che nulla hanno di opposto, e che anzi hanno in comune tutti la stessa oppressione e la stessa incolpevolezza. L’inciviltà verso la quale siamo diretti reprimerà quel po’ di empatia che ancora sopravvive educandoci a considerare la “nostra razza” superiore, e come l’unica degna di occupare terre. Ebbene sarà sempre guerra, una guerra stabilita dalla favola del PIL. Nel frattempo, quanto più il mercato è libero, tanto meno ci sentiamo sicuri. Ma è solo un caso.

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