Alla ricerca della felicità

La legge del più forte, nel mondo animale come in quello umano, stabilisce per natura che va avanti chi ha più muscoli, più resistenza e, nel caso umano, chi ha meno disponibilità ad ascoltare. Chiaramente ciò che ci differenzia dal mondo animale è la ragione, la coscienza, ossia la consapevolezza che l’uomo ha di sé, per questo motivo ci è concessa dalla natura la possibilità di scegliere se essere più animali, o più esseri umani dotati appunto di una coscienza. Su questo terreno di battaglia, quello sul quale combatte l’umanità, i perdenti, però, sono ritrosi nel riconoscere la vittoria dell’altro e depongono le armi per poco, in attesa che l’equilibrio delle forze volga a loro favore. La lezione che il perdente ricava dalla sconfitta è che è vero il vecchio proverbio secondo cui il più forte ha sempre ragione, e che chi vince dimostra di avere più forza e meno scrupoli, non di essere più saggio e più giusto, mentre le sconfitte derivano dalle inopportune inibizioni e scrupoli morali degli sconfitti. La società moderna, spudoratamente autodefinitasi e autocelebratasi “società dei consumi“, si svolge, potremmo ammettere, sulla base del postulato secondo cui la ricerca della felicità – più felicità, sempre più felicità – è lo spirito con il quale bisogna vivere la nostra vita. Ogni membro della società dei consumi è istruito, addestrato e preparato a cercare la felicità individuale con mezzi e sforzi individuali.
Qualsiasi significato abbia il termine felicità, esso include comunque la libertà dai disagi, e tra i significati moderni del termine «disagevole» i dizionari elencano «discordante», «inadatto, inappropriato, fuori posto», «scomodo, imbarazzante, svantaggioso; poco maneggevole». Chi di noi non conosce qualcuno cui – per quanto lo riguarda – tutte queste qualificazioni calzino a pennello? Tali attributi calzano loro in quanto essi sono di ostacolo alla NOSTRA ricerca della NOSTRA felicità individuale. Si può indicare una sola ragione per cui non dovremmo eliminare tali individui, chiaramente “fuori posto”, dal posto che occupano? Non è forse vero che spesso pensiamo che la NOSTRA vita, la NOSTRA ricerca della felicità, sarebbe meno ostacolata senza di essi? Ammettiamolo: c’è un po’ di Hitler in ognuno di noi (ma se mi è permesso, non in me).
La vita moderna viene vissuta come su un campo di battaglia, e povera l’erba, se gli elefanti decidono di combattervi le loro battaglie: il terreno sarà ampiamente coperto di «vittime collaterali» (espressione utilizzata dai militari in guerra): dipendenti di aziende vittime di esuberi determinati dalle politiche economiche, classi sociali più deboli estromesse dal diritto al welfare a causa delle politiche di austerità, intere famiglie abbandonate a se stesse, nella loro sofferenza individuale, intima, obliosa, e come se non bastasse umiliata dallo sguardo di una società che le considera sempre più inadatte, inadeguate, e appunto “fuori posto”, d’intralcio sul cammino INDIVIDUALE verso la felicità INDIVIDUALE. Vittime collaterali. In guerra si lanciano missili sugli obiettivi, e poco importa se per uccidere un presunto terrorista ci lascino le penne decine e decine di bambini insieme con le loro madri. Sono vittime collaterali, e “non esiste alternativa“, come i sofisti della politica ci ripetono come un mantra ogni qualvolta un missile metaforico sta per essere lanciato sulla popolazione. E lo ripetono così efficacemente che ormai non credergli ci sembra perfino pericoloso, oltre che di ostacolo verso la ricerca della felicità.
Individualmente siamo addestrati a pensare che esiste sempre un’alternativa, una scelta, ma lo stesso principio non vale quando per sfortuna qualcuno ci attraversa la strada mentre dritti andiamo alla ricerca della NOSTRA felicità.
Sul campo di battaglia moderno basta abbassare la guardia per essere esclusi anziché escludere. Uno spettro si aggira su quel campo di battaglia: lo spettro dell’esclusione. E noi non vogliamo certo essere esclusi; non vogliamo certo essere vittime collaterali. Meglio la NOSTRA felicità, che la serenità e la pace di un’intera comunità.

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