Archivi tag: inconsapevolezza

Siamo sempre meno bravi nel darci la possibilità di tacere


A tutti coloro che non perdono mai occasione di schierarsi con le unghie e con i denti, e nemmeno quella di tacere.

Non è mai stato facile per nussuno fare l’educatore. Bisognerebbe andare a scavare fino alla settima generazione di ognuno per capire di chi è la colpa. Un ragazzo fa una rapina, e allora la colpa è dei genitori che non sono stati in grado di educarlo, e per lo stesso principio a loro volta hanno avuto padri e madri che li trascuravano, che di conseguenza hanno avuto la stessa sfortuna, perché altrimenti i loro figli non avrebbero trasmesso ai discendenti le loro lacune. E così via, fino alla preistoria.

Comprendere che i mali della nostra società arrivano da lontano è fondamentale, ma circoscrivere alle singole famiglie le colpe di un degrado diffuso è profondamente insufficiente come riflessione. E allora mi chiedo perché dovrebbero esistere uno Stato, una Costituzione, delle Leggi, un Sistema Formativo? A cosa dovrebbe servire una Istituzione del genere se poi, alla fine, la colpa del degrado è da imputarsi sempre agli individui e mai alla debolezza del Sistema nella sua complessità?

Allora se uno Stato schiacciasse dalle tasse il proprio popolo verrebbe facile pensare che quel popolo, pur di non farsi schiacciare, evaderà le tasse creando le basi per la corruzione. Il concetto è che se i reati e il degrado aumentano può solo significare che lo Stato non è in grado di funzionare come dovrebbe. Non è in grado di educare il proprio popolo.

Scaricare la colpa sul singolo individuo (che pure ha colpe, ma non lui soltanto), e concentrare l’attenzione giudicando la singola azione significa sollevare di ogni responsabilità un Sistema che avrebbe dovuto per primo evitare l’evolversi del degrado, che si manifesta soprattutto attraverso episodi come quelli che la cronaca racconta ogni giorno.

Siamo tutti bravi dare giudizi, ma siamo meno bravi in un’infinita di altra roba. Soprattutto siamo sempre meno bravi nel darci la possibilità di tacere.

I veri “sottosviluppati” siamo noi


La politica, la democrazia, che un tempo credevamo essere soluzioni, oggi si rivelano inefficaci, trappole, sabbie mobili nelle quali l’umanità organizzata sta sprofondando. E così guerre, barbarie, razzismo e follia sono il risultato dei fallimenti delle operazioni pseudo-democratiche che perseveriamo, la vera forma di questo inestricabile groviglio. Troppi si ostinano a pensare che la fuga da paesi in guerra sia un segno di rinuncia e di codardia; al contrario suggerisce ch’essa è l’impossibilità di reazione nei confronti d’un sistema troppo grande e troppo forte da poter essere combattuto, contrastato, controllato. Nei paesi “sottosviluppati” (termine davvero inadeguato) si combatte per vedersi riconosciuti una ciotola di riso, una medicina, un po’ d’acqua, o un briciolo di istruzione, che i paesi “sviluppati”, subdolamente negano loro. È evidente la contraddizione nei termini utilizzati per definire e distinguere i “due mondi”, dal momento che per “sviluppati” s’intendono tutti quei territori industrializzati, evoluti, progrediti. Al contrario, la definizione di “sottosviluppati” suggerisce infatti d’intendere l’opposto: arretrati, primitivi, perciò sprovvisti di un sistema industriale che, come avviene appunto nelle società industrializzate avanzate (almeno fino a qualche anno fa), dovrebbe sostenere l’economia, la cultura, tutta la struttura sociale, essendo il lavoro fondamento e realizzazione dell’organizzazione collettiva. Ma le industrie, soprattutto multinazionali, nei paesi sottosviluppati ci sono, sono preseti, e in maniera anche massiccia grazie all’abissale carenza di leggi internazionali atte a garantire il rispetto dell’ambiente dei diritti della forza lavoro, degli individui. Non esistono leggi e organi che vigilano e tutelano né l’ambiente né le popolazioni che lo abitano. Non esistono essendo questi territori dominati dalla corruzione che l'”occidente” ingrassa e sfrutta a proprio vantaggio.
Il nostro modello di sviluppo economico-sociale, il nostro modello democratico, non garantisce a noi, che facciamo parte di questa porzione di mondo, il giusto rispetto per una vita dignitosa, ma anzi sfrutta e alimenta l’ignoranza attraverso tagli alla Cultura, all’Istruzione, e mettendo altresì in atto campagne mediatiche mascherate sotto il nome di “informazione”, ma che nei fatti fornisce un surplus di notizie contrastanti, contraddittorie fra loro, celando in questo modo, dietro la facciata apparentemente democratica, una squallida, totale e assoluta disinformazione. La trasmissione di notizie di oggi assomiglia sempre più a un perpetuo funerale che celebra la morte dell’individualità, della razionalità, e che sembra avere il solo fine di alimentare ignoranze e inconsapevolezza. È l’eccesso della ragione ad uccidere la ragione stessa.

E allora si chiede agli immigrati di rimanere nei loro paesi a combattere piuttosto che scappare (vorrei vedere ognuno di noi nei loro panni); gli si chiede di rispettare Leggi e costumi dei paesi che li ospitano (ovvietà banali, ma anche stupide e autoritarie quando espresse senza cognizione di causa: dove sono le politiche d’integrazione?); gli si chiede di non prendere i sussidi che lo Stato offre loro (perché la colpa è dell’immigrato e non delle leggi dello Stato); gli si chiede di rimboccarsi le maniche invece di venir qua a fare i mantenuti (prima fanno lavori – sottopagati e schiavizzanti – che noi occidentali non vogliamo più fare giacché ci siamo accomodati troppo, poi sono fannulloni: decidiamoci, oppure basta con le generalizzazioni); gli si chiede in pratica di morire, in nome di un non ben preciso e precisato motivo, poiché nessuno sembra in grado di riconoscerlo, d’individuarlo. Nessuno conosce le ragioni di tanto disordine, di tanta mescolanza di popoli, di tanta disorganizzazione democratica, eppure tutti c’ostiniamo a esprimere la nostra opinione che, per carità, è legittima, permessa, sacrosantissima, ma che non vuol dire necessariamente sia giusta, ragionevole, razionale, fondata sul raggiungimento d'”una” verità, che esiste, e che comprende tutte le verità: la verità è una sola, poi diverse, poi di nuovo una sola. Invece oggi ci perdiamo a metà strada, lungo un percorso sempre più accidentato, indecifrabile, privo di segnaletica, di regole, tantomeno d’una direzione stabilita. Certo non da noi. “Contare fino a dieci prima di parlare” ci piace come locuzione da esibire, ma ci riesce meno metterla in pratica. Allora ci piacciono le filosofie orientali, ma siamo tutti rabbiosi; ci piacciono personaggi come Mandela, Gandhi, Martin Luther King, il Dalai Lama, e tutti coloro che hanno dato la vita in nome del riconoscimento dell’uguaglianza fra i popoli, ma siamo subdolamente più razzisti e ignoranti che mai, con solo il desiderio d’estrapolare frasi a effetto pronunciate da taluni personaggi eroici col solo fine di raccogliere consenso (va di moda), senza però aver mai letto un loro libro, conosciuto, studiato e, miracolosamente sposato i loro pensieri, la loro storia, la loro tenacia… la loro forma di non-violenza. Non sappiamo più chi siamo noi (se mai lo abbiamo saputo), figuriamoci se sappiamo interpretare correttamente tanta immensità di pensiero.

I veri “sottosviluppati”, riconosciamolo con umiltà, questa maledetta sconosciuta, siamo noi.

Emergenza immigrati e modello di sviluppo economico: connessioni


Secondo taluni gli immigrati scappano dai loro paesi perché in cerca di lavoro. Si dice non sia vero che il nostro modello di sviluppo economico sia sbagliato, che non è a causa del capitalismo selvaggio che nei paesi più poveri le condizioni di vita peggiorino sempre più. Qualcuno si ostina con spudoratezza a chiamare “rifugiati economici” coloro che in massa abbandonano le proprie terre natie perché appunto attratti dal nostro modello di sviluppo economico. Si dice inoltre che perseguire una politica verso una “decrescita felice” sia una follia, poiché tornando a “pescare con l’amo” ci troveremmo nella stessa condizione di queste povere persone. Essi, secondo taluni “creativi”, scappano proprio dalla “pesca con l’amo”. Ma la follia sta proprio nel fatto di pensare che torneremmo a pescare con l’amo cambiando il nostro modello di sviluppo. È impensabile, oltre che falso, anche solo considerando semplicemente il livello di conoscenza acquisito dall’uomo.

Siamo perennemente in campagna mediatico-elettorale, perciò per raccogliere voti, consenso, legittimazione e giustificazioni si gioca, attraverso i mezzi di comunicazione, sulla paura che abbiamo di vederci togliere i comfort conquistati e, naturalmente, sulla nostra ignoranza. Da quando esistono i mass media la procedura è questa.
Il nostro modello di sviluppo selvaggio, illimitato, fa in modo che si vadano a ricercare e sfruttare all’eccesso risorse che si trovano nei continenti più poveri. Le disuguaglianze aumentano per ciò: perché la parte più forte economicamente schiaccia quella più povera. È una legge della natura: il pesce più grosso mangia quello più piccolo; ma per quanto sia naturale che i pesci grossi mangino quelli piccoli, non è altrettanto naturale ai piccoli essere mangiati da quelli grossi.

Il lavoro ci sarebbe in quelle terre, e c’è, ma è sottopagato, privo di qualsiasi diritto fondamentale, irrispettoso della sicurezza ambientale e manchevole (come da noi) di limiti consapevoli; ciò permette appunto la crescita economica selvaggia dei paesi “occidentali” e “occidentalizzandi“. Le guerre civili sono, infatti, una conseguenza, l’effetto, non la causa degli esodi. Tali guerre (in aumento e sempre più violente) scaturiscono prevalentemente da gruppi di ribelli armati (armati dalle industrie belliche degli stessi occidentali) che combattono l’invasione dell'”Impero del Bene” quale si dichiara il nostro modello di sviluppo, ovvero il modello di sviluppo voluto dall’America tecnocratica imperante, ma anche per rimanere in possesso del controllo degli esseri umani, per schiavizzarli al suddetto modello, che garantisce il soddisfacimento dei nostri bisogni. Sono le diverse ideologie a farsi la guerra. Di fatto, “produrre in quantità sempre maggiori e a costi sempre più bassi” è la formula mirata del capitalismo selvaggio.

I migranti sono quindi l’ostro* generato dai nostri bisogni effimeri, il risultato del nostro “stato eteronomo“, e della nostra incoscienza e ignoranza derivanti.

A tutto ciò si aggiunge un’ulteriore difficoltà di pensiero: le attività commerciali aperte, ad esempio, dalla popolazione cinese. Non tutte ovviamente. Ma proviamo a chiederci quali possono essere i motivi per cui le amministrazioni locali rilasciano le licenze come pane fresco per aprire parrucchieri, centri estetici e negozi vari a due metri da parrucchieri, centri estetici e negozi vari a gestione italiana, in barba al buon senso. La risposta è semplice: molti di essi portano con sé soldi in contanti, corrompono le amministrazioni locali (altrimenti non glieli farebbero aprire seguendo normali iter), e favoriscono il mercato nero (produzione a basso costo, quindi laboratori clandestini come quelli di Prato, oppure l’importazione di prodotti – fabbricati nelle modalità di cui sopra – senza alcun controllo doganale) nonché della prostituzione e del commercio umano da sfruttare nella manodopera. Sappiamo essere l’Italia uno dei Paesi più corrotti al mondo, ed è facile pertanto trarre le coerenti conclusioni. Il corrotto quindi fertilizza il terreno con altra corruzione, e chi vuole sopravvivere deve obbligatoriamente adeguarsi. Così invece di fare l’errore di dar la colpa a chi apre tali attività commerciali, sarebbe più corretto darla alle amministrazioni locali. Combattere il malaffare nel nostro Paese è sempre stato un’incognita. Certo è che questo non aiuta affatto a comprendere i problemi che ci circondano, sia a livello locale, sia a quello globale. Ne consegue quindi una guerra tra la ragione e l’ignoranza che, con la prepotenza-prevalenza assoluta degli scontri violenti che la cronaca ci espone ogni giorno, distrae l’opinione pubblica dalla vera radice dei problemi. Discutiamo allora sempre più degli effetti (spettacolari, da offrire al pubblico che segue appunto lo spettacolo) e sempre meno delle cause.

Paradossalmente, per mantenere in vita il nostro modello di sviluppo economico, abbiamo bisogno di guerre, carestie, ignoranza, inconsapevolezza, e di esseri umani disposti a tutto pur di sopravvivere: abbiamo bisogno di quanto sta accadendo nel mondo. E le disuguaglianze sociali in aumento lo dimostrano chiaramente. Ma per quanto ancora potrà durare?

*Nella mitologia greca, Austro (o Noto od Ostro) era il nome di uno dei figli di Eos e di Astreo, ed era uno dei quattro venti, quello del sud.
Austro portava con se caldo e pioggia, viveva nel profondo sud e possedeva un fiato talmente ardente che con esso bruciava intere città e vascelli.