Globalizzazione individuale

In fondo, che cosa potrebbe essere più razionale della soppressione dell’individualità in un mondo indirizzato verso la meccanizzazione della vita sociale-lavorativa dell’uomo? I diritti e la libertà, che furono i principi sui quali si era fatto credere di aver fondato l’etica del lavoro, hanno ceduto il passo alla concorrenza economica fra soggetti non egualmente attrezzati e implicitamente esortati ad accumulare capitale da reinvestire a scopo di dominio, del mercato, della forza lavoro, della società stessa. La libertà di pensiero, di parola e di coscienza erano idee sostanzialmente “critiche” che dovevano servire a promuovere e proteggere l’individualità e le libere iniziative che questa implicava, invece oggi stiamo assistendo alla completa soppressione delle identità storico-culturali dei piccoli artigiani, e con esse quelle che compongono la comunità. La globalizzazione economica, ovvero la libera circolazione dei capitali finanziari, ha permesso di creare una rete di dominio che opera mediante la manipolazione dei bisogni e che si estende su tutto il pianeta imponendo percorsi, scelte, abitudini, modelli, con il solo fine di accrescere i profitti di chi detiene le redini del mercato.

Ogni scelta individuale oggi viene fatta in base a giudizi di valore introiettatici dalle pubblicità: bisogni (indotti dal mercato)-vendita (“scelta” dei prodotti sul mercato)-acquisto (soddisfazione dei bisogni)-consumo (esaurimento della soddisfazione); una sequenza ciclica che continua indefinitamente, o almeno “fino ad esaurimento scorte” (vedi foto). Si è perso ogni fondamento logico della tradizionale natura umana in nome di una non ben ancora definita destinazione culturale, oltre quelle del consumo delle risorse e del profitto illimitato, impedendone così l’organizzazione internazionale a favore di un’equa ridistribuzione.

Si stima che entro qualche anno (non è possibile dare un tempo certo data la veloce e progressiva evoluzione tecnologica impiegata in campo industriale) la forza lavoro necessaria alla produzione sarà pari al 20% del totale disponibile; il restante 80% non troverà collocazione nel mondo del lavoro. La meccanizzazione e automazione del sistema produttivo industriale (che annienta il piccolo artigiano a un ritmo vertiginoso) rende inutile, oltre che dispendiosa, la presenza dell’uomo.

Se la strada intrapresa è quella di massimizzare la produzione diminuendone i costi incrementando i profitti, è facile immaginare il futuro che ci attende nel caso in cui questo processo non verrà invertito, o almeno regolato severamente. Allora dobbiamo iniziare a chiederci “criticamente” quali sono le priorità di cui abbiamo veramente bisogno, e quale mondo (e in quali condizioni) vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli.

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3 pensieri riguardo “Globalizzazione individuale”

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