Sulla responsabilità sociale. Dall’opera: “Wozzeck”, di Alban Berg, Berlino 1925. Fonte letteraria: “Woyzeck” di Georg Büchner. (1ª parte)

«Wir arme Leute…», “noi povera gente”. È ciò che dice Wozzeck nel corso del primo atto dell’opera, mentre canta difendendosi contro le accuse di indecenza e impudicizia che il Capitano e il Dottore gli scaricano addosso. Wozzeck ha fallito nel vivere secondo gli standard di decenza e decoro che il Capitano e il Dottore hanno fissato. Quegli standard che credono di rispettare e a cui chiedono che tutti gli altri obbediscano; questo almeno è ciò che hanno dichiarato il Capitano e il Dottore, i quali scherniscono Wozzeck, lo deridono e lo oltraggiano per il fatto che, in modo così stridente, “non è come loro”. Lo incolpano della sua bassezza, della sua grossolanità e volgarità come di un peccato abominevole e imperdonabile. «Wir arme Leute», «noi povera gente – replica Wozzeck – non potremmo vivere come voi, per quanto appassionatamente tentassimo di farlo. Nel gioco del vizio e delle virtù, le regole sono state stabilire da voi e da quelli ‘come voi’, ed è per questo che trovate facile seguirle; ma lo trovereste difficile se foste poveri come lo siamo ‘noi, povera gente’». Vi prego di notare che Wozzeck dice “wir” (noi), non “ich” (io)! In altre parole: “Quello di cui mi rimproverate – avrebbe potuto spiegare – non è una mia colpa ‘personale’. Non sono soltanto io che non rispetto gli standard che avete stabilito. Ci sono molte altre persone fallite come me. E biasimandomi, biasimate tutte queste persone, tutti noi“.
Ma chi sono quei “noi” che Wozzeck chiama in sua difesa? Wozzeck non si riferisce a una classe, a una razza, a un’etnia, a una fede, a una nazione. Non fa riferimento a nessuno di quei nomi generalmente invocati, che presumono in modo tacito o che dichiarano rumorosamente di essere delle comunità; gruppi che ritengono di essere uniti (bene o male) dal passato comune, dalla presente condizione e dal destino futuro, dalle poche gioie e dai molti dolori, dai pochi colpi di fortuna e dalle molte disgrazie. Quei gruppi che richiedono ai propri membri la lealtà, che nascono proprio sulla base di questa lealtà, e che risorgono quotidianamente grazie alla dedizione continua dei propri membri. Quei gruppi che si aspettano che ognuno dei propri membri condivida la responsabilità per il benessere di ogni altro, e che si combatta insieme per ovviare alle cattive condizioni di ciascuno. Quei gruppi che sanno chi è un membro (“uno di noi“), e chi non lo è (e che dunque è “uno di loro“), che tracciano un confine tra “noi” e “loro” e cercano con ogni mezzo di controllare il traffico al confine. Nel riferimento di Wozzeck a “wir arme Leute“, questa comunità è presente solo come un fantasma: presente attraverso la sua (deplorevole, incresciosa) “assenza“. Ma vi prego di notare che nell’opera di Georg Büchner quel che più importa non sono i pochi, sobri discorsi di Wozzeck, ma i suoi eloquenti silenzi, ampi e raramente interrotti. È come se Wozzeck obbedisse all’ingiunzione di Wittgenstein: “di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere“. Della “comunità” Wozzeck tace, dal momento che non è mai esistita e non esiste comunità di cui potrebbe parlare. E così, nella sua disperata ricerca di scuse e di qualche forma di autodifesa, ha preferito invocare la povera gente, “arme Leute“. “Arme Leute” non forma una comunità. La miseria di chi ne fa parte, piuttosto che unire, differenzia e divide. La povera gente sopporta le proprie sofferenze individualmente, e individualmente viene accusata per le proprie sconfitte e miserie (individualmente causate e individualmente sofferte). Ciascuno degli appartenenti alla povera gente è piombato nella categoria “arme Leute” a causa delle proprie colpe individuali, e ognuno e ognuna si lecca le proprie ferite da solo. Arme Leute può invidiare o temere gli altri; a volte può provare pena, o può darsi perfino che apprezzi qualcun altro (sebbene non troppo spesso). Nessuno che ne fa parte, però, “rispetterebbe” mai un’altra creatura “come lui” (o come lei). Infatti, se quest’altra persona è “come” sono io, allora anch’essa non sarà degna di rispetto, meriterà disprezzo e derisione come li merito io! Arme Leute ha una buona ragione per rifiutare di concedere rispetto e, a sua volta, per non attendersi di essere rispettata: la sua povertà, la sua mancanza di risorse materiali e dunque anche spirituali, che segnalano privazione materiale e condizioni indubitabilmente miserabili e dolorose, sono infatti delle tracce indelebili e una vivida prova della mancanza di dignità e di rispetto sociale. Testimoniano che coloro che detengono l’autorità, la gente che ha il potere di concedere o revocare diritti, ha rifiutato di assicurargli i diritti dovuti agli altri esseri umani “normali“. Se solo il nome che Wozzeck ha potuto usare quando si è riferito agli “altri come me” è stato arme Leute, noi povera gente, allora, in maniera indiretta, che ne sia stato consapevole oppure no, ha palesato la sua esclusione dalla famiglia degli esseri umani “normali“, e allo stesso tempo il suo esilio dalle comunità che conosceva e da cui era conosciuto, e il fatto che non avesse né un invito a raggiungerne un’altra né la prospettiva che gli venisse concessa l’ammissione a un’altra comunità.

(Fine 1ª Parte) (Parte seconda)

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