Queste due parole nascono dopo aver visto l’intervista di Daria Bignardi a Corrado Augias nel talk show Le invasioni barbariche.
Questo è un Paese strano. Abbiamo una visione della società totalmente contorta, distorta, distrutta, sradicata dalla ragione, dalla razionalità, dall’onestà. Non siamo più in grado di vedere le cose che ci circondano in maniera chiara, definita, definitiva; siamo esasperati, disorientati da messaggi che si incrociano, che appaiono reciprocamente incompatibili e finalizzati a porre in questione e indebolire la credibilità dell’altro. Oggi più che mai non esiste più una sola verità, un solo modo, una sola formula di vita, una certezza e fiducia in se stessi, e cerchiamo rifugio in chi ci promette chiarezza e ostenta purezza, in chi ci assicura di allontanarci dal dubbio e dall’indecisione. L’incomprensibilità, l’inconcepibilità, la complessità del mondo ci colloca in una posizione di inferiorità inconsapevole, e che inconsapevolmente ci assoggetta a chi ci promette tesori che il mondo stesso sfacciatamente nega. Cerchiamo nel leader, unico e solo, le certezze che da soli non siamo più in grado di comprendere, e tanto meno cercare.
Abbiamo bisogno di autoapprovazione, coscienza a posto, e del conforto di non dover temere di sbagliare e di avere sempre ragione.
Rivolgiamo gli sguardi in direzioni completamente diverse ed evitiamo ogni giorno che passa di guardarci negli occhi, senza renderci conto di essere ammassati sulla stessa barca, sullo stesso gommone in cerca di una terra migliore, ma senza bussola, senza guida, senza una direzione stabilita. Remiamo tutti in modo tutt’altro che coordinato, ma siamo incredibilmente simili per il fatto che nessuno, o quasi, di noi crede di agire nel proprio interesse per difendere i privilegi conquistati o per rivendicare la sua parte di privilegio finora negatagli. Non siamo più una comunità.
Tutti noi sembriamo combattere per giusti valori, universali, assoluti, ma paradossalmente siamo esortati e addestrati a ignorare, nelle nostre attività quotidiane, valori di questo tipo, lasciandoci guidare da persone che hanno progetti incomprensibili, ormai mosse dal solo desiderio di aumentare il valore commerciale della propria immagine, conformi, inquinati profondamente dai modelli che la società dei consumi ci vende; e quel che più mi rattrista e demoralizza, è che lo facciamo in maniera inconsapevole, per rifarmi alle parole di Augias… che ha preso una posizione incomprensibile nella trasmissione “Le invasioni barbariche”. Da intellettuale quale è, mai mi sarei aspettato un’analisi così vuota di contenuti, irriflessiva e carica di sentenze e pregiudizi. Per un attimo mi sono detto: “se Augias si esprime così, forse un problema c’è”. Quando poi, però, è intervenuta la londinese Taiye Selasi, conosciuta dal pubblico come giudice di Masterpiece, il primo talent letterario della televisione, allora ho capito tutto. Intanto associando la figura della Selasi a quella di Augias, in termini di autorevolezza commerciale, si fa assume ancor più credibilità e valore al “talent” da lei co-condotto. Ma queste sono solo mie fantasie. Quel che più mi ha dato il voltastomaco è il silenzio generale che c’è stato, soprattutto di Augias, quando la stessa scrittrice ha ammesso di non saper leggere in italiano, e dichiarato che la versione tradotta in italiano del suo libro non rende totalmente l’idea della versione originale da lei partorita in inglese: «è stata riscritta un’altra storia dalla traduttrice», pur «bellissima», rassicurando il pubblico, e se stessa. Già questo basterebbe a farci comprendere che fare il giudice in un “talent letterario”, sul quale ci sarebbe da discutere molto, in lingua italiana, quando si comprende poco la lingua italiana, è una palese contraddizione, conforme, del resto, alla struttura comunicativa dei media: contraddittoria per costituzione. Tutti hanno taciuto… Augias compreso. Non è stata spesa una parola, una sola, sull’incoerenza dichiarata; ovviamente per motivi puramente commerciali, che come tutti sappiamo hanno la tendenza a scindere dalle ragioni etiche; dalla razionalità stessa. E forse proprio per questo ho avvertito ancor più dolorosamente la mancanza di contenuti e una fastidiosa cacofonia nelle espressioni di Augias.
Siamo immersi nelle sabbie mobili, e ci stiamo ormai affogando.
E il male più grande, caro Auguas, è proprio l’inconsapevolezza. La Tv, il mondo dell’immagine, del commercio stereotipato, è un mondo sempre più lontano dalla realtà: se (e solo se) in passato hanno avuto una qualche relazione, oggi si sono separati definitivamente, e come in tutte le separazioni, quelli che subiscono di più sono sempre i figli: il pubblico; l’opinione pubblica; la ragione; l’onestà.
2 pensieri riguardo “Augias, e l’intellettualità tradita”