In noi c’è anche un po’ della pecora: non c’è pericolo maggiore che quello di perdere contatto col resto del branco e trovarsi isolati.
È una mentalità che ci portiamo dentro e dietro dalle origini, da quando vivevamo in branchi. È vivo in noi l’impulso istintivo a seguire il capo del gruppo e a tenerci in contatto con i nostri simili. Perciò l’idea di giusto e sbagliato, di vero e di falso, è condizionata dal gruppo al quale apparteniamo.
Ma non siamo soltanto pecore; abbiamo anche tratti umani (seppur a volte – con ragione – si stenti a crederlo) come la coscienza di sé, e la ragione, che per loro natura sono indipendenti dalle ragioni del branco; e siamo anche capaci di agire in base ai pensieri che riusciamo a razionalizzare individualmente, anche se non condivisi dal gruppo di cui facciamo parte. Questa ambiguità riflette l’altra più radicale dicotomia presente nell’uomo: il bisogno parallelo di asservimento e di libertà.
In tale conflitto la ragione potrà emergere e dispiegarsi appieno soltanto quando l’uomo avrà pienamente raggiunto la libertà e l’indipendenza. Fino a quel momento si tenderà ad accettare per vere le cose che la maggioranza del proprio gruppo vorrà che siano vere, poiché il giudizio individuale sarà sempre influenzato, più o meno consciamente, dalla paura di perdere contatto col branco, e di trovarsi soli. Ci sono alcuni individui che hanno il coraggio di affrontare questo isolamento, e non smettono di dire il vero anche a costo di trovarsi soli: sono questi i veri eroi dell’umanità, e in fondo possiamo ringraziare loro se oggi non viviamo più nelle caverne. Ma la gran maggioranza degli uomini non sono eroi; e in essi il trionfo della ragione sarà possibile solo se si avrà una condizione sociale in cui l’individuo sia veramente rispettato, e non declassato, o degradato a strumento dello Stato o di altri gruppi, e in cui risulti possibile esercitare il diritto di critica senza timore, e amare la verità senza pericolo di isolarsi dai propri simili. L’obiettività e la ragione potranno prevalere definitivamente soltanto quando si sarà arrivati, al di sopra delle differenze della varietà umana, a concepire l’umanità come un’unica grande comunità; e quando comprenderemo che il primo dovere di tutti sarà quello di rispettare le differenze, e gli ideali che ne derivano. Non dobbiamo cambiare il mondo; dobbiamo cambiare l’idea che abbiamo di esso. Gli individui riescono a stare insieme soltanto quando riconoscono e rispettano le differenze dell’Altro-nell’Altro; senza pretendere in alcun modo di convertirlo in ciò che vorremmo fosse. Questo è un principio che non può e non deve limitarsi al solo rapporto di coppia.
La libertà è l’indipendenza che riconosciamo in tutti, così come in noi stessi. La libertà è riconoscere l’esistenza della varietà umana, e rispettarla. A noi la “scelta” di essere eroi, o pecore.
Opera in foto: Ercole e l’idra