Quest’uomo non è un simbolo, non è un miracolato, un santone, un politico, un populista, un demagogo, un utopista, un contadino, un presidente, un amministratore, un pazzo, un eccentrico, un alcolizzato, un drogato, un simpatico vecchietto sulla soglia degli ottant’anni, o un uomo che con il solo fatto di essere “vecchio” deve essere pregiudizialmente considerato inutile. Quest’uomo non è nessuno di tutti questi. Non può, e non vuole, essere collocato in nessuna categoria e non può, e non vuole, essere definito con nessun aggettivo. Però lo chiamano tutti “Pepe”. José Alberto “Pepe” Mujica non è solo il presidente dell’Uruguay: è una persona normale, semplicemente normale, che da quella parte di mondo spudorata, disonesta, lussuriosa, consumistica, viene deriso. Gran parte della stampa mondiale si è già messa all’opera ironizzando sul suo aspetto: “Che brutti piedi!”, sarà il pensiero di quella parte di mondo sottomessa alle apparenze, sedotta dagli slogan, affascinate dal bell’aspetto, incuriosite dalle confezioni, cresciuta con la cultura dei contenitori che con quella dei contenuti. E allora mentre in Italia ci avviamo, così dicono, al cambiamento, da qualche parte nel mondo, lontano, così tanto da sembrare un luogo di un mondo parallelo, irraggiungibile, alieno, c’è chi cambia. Anzi, rimane com’è, in controtendenza rispetto a un mondo che invece si trasforma, si consuma, si distrugge, e si autocelebra per questo. Mentre in Italia ci si appella ai saggi, alla generazione dei quarantenni, a un presidente della Repubblica pagato profumatamente, e anche molto di più, a un parlamento inesistente, improduttivo, inutile, e soprattutto imposto a un popolo che aspetta il “domani” che ogni giorno da anni gli viene promesso, o a un Papa, che incarica una delle più grosse e potenti agenzie di marketing al mondo per “rimodellare” l’immagine del Vaticano, ecco, mentre tutto questo scorre nel fiume incantato, c’è chi rimane umano e si presenta al mondo come un essere umano. Così umano da non sembrarlo neppure.